2019


(foto Marco Zanardi)

 

La notizia è che Alassio avrà il suo drink. Un cocktail tutto suo, scelto a furor di popolo da coloro che fino al 6 maggio assaggeranno quelli in gara nei bar della città del Muretto: dopo la prima selezione, ne sono rimasti tre. Come ogni entusiasta sono convinto che un drink possa aspirare ad essere, quasi come un vino, parte integrante dello spirito del luogo, come il Barolo ad Alba, il Prosecco a Conegliano o il Nobile a Montepulciano. Certo, un cocktail influenza meno il paesaggio di un mare di viti in rigoglio che risalgono le onde dei colli. Ma a compensare siamo noi quando avviciniamo alla bocca un Bellini a Venezia, un Manhattan a New York oppure a un Sazerac a New Orleans o un Mojito all’Avana. Il drink local non è soltanto un pezzetto dell’esperienza che facciamo da turisti. È l’aspettativa di quell’esperienza a farci scegliere un luogo. E così, il cocktail Alassio che sarà scelto il 7 giugno aggiungerà il suo sapore e il suo colore, il suo bicchiere e il suo aroma (Oh, il profumo di assenzio in un Sazerac…) all’immagine che abbiamo di Alassio. A Ernest Hemingway che discute con Mario Berrino su come dovrà essere il Muretto, la hall of fame italiana. Alle belle di Miss Muretto, così sfolgoranti da venir condannate con l’accusa di far ombra al Muretto. Alla Dolce vita nelle estati anni Cinquanta con la spensieratezza da Sapore di mare, sole senza nubi e senza i cupi presagi felliniani. Ma quel che mi è piaciuto più di tutto è che l’idea della gara per l’Alassio sia venuta a una signora, Leila Mawjee, che nulla c’entra con shaker, bar e mixing glass. Le è venuta così, per amore della sua città. È di idee così, e della generosità per realizzarle, che abbiamo bisogno. Ho già voglia di bermi un Alassio...

 

Il suo cocktail Alassio se l’e trovato. Almeno quello per il 2019. Ora, sotto a chi tocca, qui e altrove. Perché l’idea di individuare ed eleggere il drink simbolo di una località non è soltanto un’eccellente spunto di marketing del territorio. È roba che fa crescere il livello dell’ospitalità tutta, mette a confronto le idee, spinge l’intero sistema a migliorare: se ci si mette in vetrina, si vorrà apparire al meglio.

Il bartender dell’anno è Giuseppe Manzo del Liquido cocktail bar che con il suo Un bacio a Rio da Alassio ha vinto la competition che metteva in palio, appunto, la possibilità di chiamarsi Alassio cocktail per quest’anno. La bibitona vuole richiamare i lussuriosi Baci di Alassio, dolce simbolo del luogo, ma scansa con un colpo d’anca il rischio del troppo dolce, non evitato da tutti i concorrenti. Dei quattro drink finalisti, ben due — tra cui il vincitore — erano guarniti con crusta, il bordo del bicchiere orlato. Cosa che in effetti non si vede più molto spesso (mai). Ma il nuovo Alassio sa bilanciare bene il dolce con l’acido del frutto della passione e dell’arancio.
 
 
 
I finalisti del concorso: l’ultimo a destra è il vincitore Giuseppe Manzo
 
Considerazioni sparse. Della crusta si è detto, ma dico ancora. Non è affatto detto che un drink pensato per una località di mare debba essere concepito come quello per un bar strafigo metropolitano o per una competition mixologica. Però, basta andare per locali: non si farà fatica a notare che la tendenza è verso l’essenzialità, verso il ritirarsi della guarnizioni, verso la pulizia del drink e del suo aspetto e il crusta con il cacao — che non è quello del vincitore — è la cosa che più sporca il bicchiere al mondo.
Mi ha stupito il fatto che tra i finalisti non ci fosse neppure un sour e un long drink soltanto. Ma i cocktail dell’estate non sono quasi sempre sour e long drink? Ai confini dello stravagante, a mio modesto, il presentare cocktail a base di latte e grappa, anche se di territorio. Va bene che le associazioni di bartender a suo tempo hanno discusso a lungo se introdurre la categoria dei «dairy» drink, ma proporli per una bibita con il nome di una soave cittadina di mare, mah…
Tra i long drinks, invece, gareggiava un Gin tonic. Difficile negare il successo eterno della bevanda, comprensibile inserirlo in carta. Ma proporlo come drink simbolo, sia pure con basilico, salvia e rosmarino a citare il terroir, forse è un po’ poco.
Prima della ricetta, un canto di lode, una standing ovation e anche una nuova piastrella sul leggendario Muretto per Leila Mawjee, alassina doc a dispetto del nome esotico, che ha inventato, organizzato e alla fine creato The Alassio drink 2019 senza essere né barista né null’altro che c’entri: per pura passione.
 
 
L’Alassio 2019
Ora, via con la ricetta dell’Alassio 2019
- 3 cl di cachaça Sagatiba
- 1,5 cl di Crema di cacao bianca De Kuyper
- 1,5 cl di Frangelico
- 1,5 cl di Maracuja Caraïbos
- 1 cucchiaino di uvetta scura
- granella di nocciola
- ½ fetta di arancia
- ½ passion fruit
Spennellare il bordo d’un bicchiere Rock con miele in modo da far attaccare la granella di nocciole mista a cacao Pestare leggermente sul fondo del bicchiere uvetta e arancia. Aggiungere gli altri ingredienti e mescolare, riempire il bicchiere di ghiaccio tritato e mescolare ancora.
Mia personalissima osservazione. La scelta della cachaça aggiunge certamente personalità al drink e va benissimo. Ma chissà, per un lungomare, un distillato di canna meno ruspante (rum, ovviamente) forse è più adatto.
10 giugno 2019 (modifica il 12 ottobre 2020 | 11:20)
(©) RIPRODUZIONE RISERVATA